Doha Zaghi alias Lady Demonique fuori dalla lista di Azione: «Io discriminata, i partiti facciano liste di proscrizione delle professioni». La candidata sindaca Barbara Minghetti l’ha difesa: «Serietà e ricchezza di proposte». Carlo Calenda: «Il suo lavoro non la qualifica per fare politica»
Fruste e manette, poi voto a maggioranza. Domanda: «Carlo, scusami, ma che incompatibilità vedi tra candidarsi in Azione e fare la dominatrice?». Risposta: «Forse una qualche discrepanza tra curriculum vitae e lavoro da svolgere in Consiglio Comunale? Ma che cavolo di domande fate?». Allora sentiamone un’altra, tra le tante: «Carlo, però ci sono persone che hanno questi gusti e pagano per un servizio, cosa c’è di così strano?». Risposta: «Nulla di male. Non qualifica però per fare politica. Altrimenti vale tutto ed è inutile criticare i 5 Stelle». C’era una volta una mistress dominatrice a Como, Doha Zaghi, 31 anni, nata a Carpi, Lady Demonique per i clienti di set piuttosto caldi e frequentatori di piattaforme di video sexy in streaming. Sul curriculum c’è sì questo («Imprenditrice digitale e performer fetish») ma anche questo: liceo scientifico Manfredo Fanti e studi in Giurisprudenza tra Parma e Varese, nel passato una passione politica nata sui banchi di scuola e crescendo una sintonia ideale con Azione, formazione «liberista ed europeista». Nel presente una candidatura bocciata alle Comunali di Como: «Non ci sono le condizioni». Lei, Doha Zaghi Lady Demonique, donna che brutalizza gli uomini per piacere e professione, si è sentita maltrattata dal suo partito: «È un caso di discriminazione, con me Calenda poteva fare come Pannella con Cicciolina. E poi ho anche politici tra i miei clienti…». E poi c’è il Carlo di cui sopra, Carlo Calenda. Che, incalzato su Twitter, non lesina commenti caustici: «Ma che cavolo di domande fate?».
La polemica a Como
Riavvolgiamo il nastro. Como. Quasi 85 mila abitanti su quel ramo del Lago che è storia e romanzo d’Italia. La città si sta preparando alle elezioni amministrative. Il centrosinistra ha schierato Barbara Minghetti — manager, mamma e nonna — come candidata sindaca. Minghetti, 57 anni, è una figura di spicco della cultura locale, già presidente del Teatro Sociale. «Il sindaco per lo sviluppo», il suo slogan, per una Como «generatrice di sviluppo sociale, economico, sostenibile». La coalizione è larga: Pd, liste civiche, Verdi e Agenda Como 2030 (il listone liberale, riformista, europeista) che tiene insieme Italia Viva, Azione, +Europa e Volt. Doha Zaghi era la candidata numero 13. Minghetti l’ha sostenuta e difesa quando sono piovute le prime critiche: «Ha contribuito con serietà e ricchezza di proposte al nostro lavoro sul programma. Capisco il bisogno di colorare la campagna elettorale, ma sarebbe bello che nel 2022 ci concentrassimo su cose serie». E alle voce di Minghetti si sono aggiunte quelle dei coordinatori di Agenda Como («Le scelte delle persone nella vita privata appartengono a un’altra sfera rispetto all’esercizio costituzionale dei diritti politici») e della segreteria di +Europa («Il sex work è un ambito lavorativo e come tale deve essere trattato. Ci uniamo quindi alla solidarietà espressa nei suoi confronti da parte della candidata»). Ma lo scudo non è bastato a salvare la candidatura della mistress di Como. I vertici del partito hanno chiuso la porta: «Non c’è alcun giudizio morale ma semplicemente la presa d’atto di una indicazione inopportuna e di un contesto non favorevole».
Oggi ci sono 30 articoli su la ex candidata dominatrice. Ho finalmente capito come andare sui giornali. Altro che piano sul nucleare o sulla sostituzione del gas russo (0 articoli), bisogna buttarsi su altri lidi. Altro che centro studi. Fruste e manette. Un asteroide non basta.
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) May 10, 2022
Carlo Calenda e Doha Zaghi
«Oggi ci sono 30 articoli sulla ex candidata dominatrice», scrive Calenda su Twitter: «Ho finalmente capito come andare sui giornali. Altro che piano sul nucleare o sulla sostituzione del gas russo, bisogna buttarsi su altri lidi. Altro che centro studi. Fruste e manette. Un asteroide non basta». E Doha Zaghi? Si sposta dalla traiettoria del meteorite e rilancia: «Mi auguro che dopo oggi tutti i partiti facciano una blacklist di professioni, in maniera tale che non ci possa essere imbarazzo eh. Ma dai, anche una lista di cose che puoi fare e non fare per candidarti, una sorta di galateo. Credevo bastasse avere belle idee, qualche competenza giuridico-economica, e non aver commesso reati e non essere collusa con la mafia. E invece… Era meglio nascere salviniana a ‘sto punto». Titoli di coda, o forse no.
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10 maggio 2022 (modifica il 10 maggio 2022 | 12:11)
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