Omicidi Samarate, nel 2018 la costituzione di un fondo patrimoniale davanti al notaio: Stefania Pivetta aveva la maggioranza delle quote della società di design d’interni. Sequestrati gli uffici a Milano. Affari in nero e operazioni finanziarie spericolate: la pista degli inquirenti
Il 31 gennaio 2018, Alessandro Giovanni Maja e la moglie Stefania Pivetta firmarono un atto nell’ufficio di un notaio di Gallarate. I coniugi, che si erano sposati nel 1992 in regime di separazione dei beni, dichiararono di costituire un fondo patrimoniale «destinando a far fronte ai bisogni di famiglia» la società di Maja (in realtà la maggioranza delle quote apparteneva alla stessa moglie). Nella notte tra martedì e mercoledì, l’architetto-imprenditore ha ucciso sia Stefania sia la figlia di 16 anni Giulia, e ferito il primogenito Nicolò, 23 anni, che rimane ricoverato in prognosi riservata, con mille dubbi legati alle condizioni neurologiche.
L’interrogatorio rinviato e gli uffici sequestrati
Gli uffici dell’azienda sul Naviglio Pavese a Milano sono stati sequestrati dai carabinieri su ordine della Procura, che ha disposto il prelievo di computer e documenti. In attesa che il killer racconti le proprie verità (rinviato l’interrogatorio di garanzia essendo lui in un letto di psichiatria), gli inquirenti insistono nella ricerca di eventuali segreti di Maja, 57 anni, uno in più di Stefania: potrebbero esserci state spericolate operazioni finanziarie, prestiti esterni alle banche, investimenti sbagliati con le persone sbagliate. Gente che magari non perdona, che avrebbe minacciato, che incalzava garantendo imminenti punizioni. Già acclarato dagli accertamenti il sostanzioso giro di «nero» che caratterizzava il lavoro di Maja, ristrutturatore e interior design specie di locali (con un costante aumento di clienti della comunità cinese), bisogna ricordare che la lettura delle carte ufficiali della società nulla ha svelato. I conti erano in ordine. L’unica perdita ammontava a 16mila euro e si riferiva alla morosità di inquilino in affitto in una delle case di proprietà dell’azienda, il cui nome è «Jam e Vip srl».
L’ossessione dei soldi e il fondo di famiglia
Nell’atto dal notaio nel 2018, vanno sottolineati alcuni passaggi inerenti quel fondo patrimoniale di Maja e Stefania, uccisa (come Giulia) nel sonno e colpita da un cacciavite «azionato» contro viso e testa da un martello. Ebbene, «nei confronti della “Jam e Vip srl”» marito e moglie «vengono delegati ed autorizzati a riscuotere gli utili di pertinenza delle rispettive quote di partecipazione, fermo restando che detti utili dovranno, comunque, essere utilizzati per i bisogni della famiglia». Proprio quella sua famiglia nell’ultimo periodo ossessione di Maja, convinto che moglie e figli spendessero troppo nonostante gli enormi problemi. Quali di preciso lo s’ignora, forse perché l’architetto-imprenditore, uno poco loquace e assai diffidente, non l’aveva mai detto, pur ribadendo che bisognava risparmiare, spesso esagerando nei toni e nei modi. Specie Stefania era ormai appesantita da una profonda stanchezza, che l’aveva portata a considerare la separazione, parlandone con le amiche. Dopodiché, discorsi sul tema dei presunti ammanchi di denaro (Maja prospettava un futuro di estrema povertà) non entravano nemmeno nell’intimità della villetta a Samarate, 16mila abitanti in provincia di Varese: ovvero l’abitazione a due piani, con box e piccola piscina nel giardino, scena del crimine e della recita dell’architetto-imprenditore che ha finto di togliersi la vita bruciandosi un sopracciglio con un cerino. Prima di uscire in mutande sul balcone urlando: «Finalmente ci sono riuscito». Salvo poi, negli accompagnamenti tra l’ospedale e il carcere, il carcere e l’ospedale, mormorare: «Li ho uccisi io, sono un mostro».
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8 maggio 2022 (modifica il 8 maggio 2022 | 08:55)
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