“I film si fanno e poi si passa avanti, ricorderò di aver fatto questo in un momento difficile, ma con gioia”. È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino vince cinque David di Donatello e conclude (“bello ritrovarsi come comunità”) il viaggio iniziato alla Mostra di Venezia lo scorso settembre e proseguito Oltreoceano nella notte degli Oscar.
Film, regia – per Sorrentino è la terza volta – e poi il David giovani, per una storia sul dolore e la rinascita del giovane Fabietto, alter ego del cineasta: “Ho fatto il film per dire ai giovani di credere nel futuro, malgrado le difficoltà, ce la si può fare”. Ancora, premio da non protagonista a Teresa Saponangelo e alla fotografia di Daria D’Antonio, condivisa con Michele Attanasio per Freaks out di Gabriele Mainetti che con il suo kolossal all’italiana di premi ne porta a casa altri cinque: scenografia, produttore, trucco, acconciature ed effetti visivi.
Migliore attore protagonista all’ottimo Silvio Orlando, il detenuto di Ariaferma, film che vince anche la sceneggiatura originale, firmata dal regista Leonardo Di Costanzo con Bruno Oliviero e Valia Santella, mentre il volto da protagonista è quello di Swamy Rotolo, 17 anni, che, con la sua famiglia, ha esordito in A Chiara, di Jonas Carpignano: “Ringrazio la famiglia e le mie sorelle, che hanno arricchito il film e Jonas, che è un fratello e mi ha fatto conoscere il cinema”.
S’impone non protagonista Eduardo Scarpetta, figlio e nipote d’arte, Qui rido io: “Martone mi disse che tutto iniziò con il manoscritto originale che mio padre Mario gli consegnò 25 anni fa. Dedico il premio a mio padre, che ho perso a undici anni e mezzo, a mia mamma e a mia sorella”. Il film vince anche per i costumi, Ursula Patzak.
Teresa Saponangelo è la mamma di Fabietto, sul palco: “Grazie Paolo, siamo riusciti a emozionare le persone, grazie alla famiglia che mi ha anche sostenuto economicamente negli anni – saluta il figlio e racconta – quando gli hanno detto “mamma è stata brava” ha risposto “ma Toni Servillo è stato meglio””.
I fratelli D’Innocenzo, che hanno debuttato nel 2018, consegnano il David alla regista esordiente Laura Samani, il film, Piccolo corpo, racconta il viaggio di una madre. “Bello ritrovarsi come comunità”, dice Sorrentino, gli artisti sono insieme in una cerimonia – per l’edizione 67, che torna alla normalità e ritrova, dopo vent’anni, gli studi di Cinecittà – il tappeto rosso tra la Roma antica che fu il set della serie Rome – in fase di grande rilancio internazionale.
Carlo Conti e Drusilla Foer conducono e si punzecchiano, lei lo chiama Carlino, lui fa battute sull’antichità di lei, che canta sul palco Parlami d’amoree Mariù e Senza fine. La serata è lunga, 20 premi al cinema italiano, più i David speciali, Sabrina Ferilli e Antonio Capuano. E quello alla carriera di Giovanna Ralli: “Sono settant’anni, una storia iniziata a 13 anni, mangiavo il cestino nei giardini qui a Cinecittà”. E ora torna al cinema e al Festival di Cannes con Jasmine Trinca, il film Marcel. Bellissimo il collage di film e parole dedicato a Monica Vitti, accolto da una standing ovation.
La partenza potente è sulle note di Ennio Morricone, che s’affaccerà tra un premio e l’altro. In sala tutti indossano la mascherina. Al ministro Dario Franceschini, che sul palco parla di ottimismo e di un anno formidabile per set e produzioni, malgrado le difficoltà della sala Conte chiede “togliere la mascherina, previste nelle sale fino al 15 giugno, aiuterebbe?”, “penso che molti, come me, preferiscono stare tra centinaia di persone con mascherine che senza. Stasera tutti le portiamo. E si tratta solo di un mese”. Nella categoria internazionale vince Belfast di Kenneth Branagh, il David dello spettatore a Me contro te – Il mistero della scuola incantata.
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