«Non chiederò mai scusa per il prete, è un peccatore davanti al Signore». Accusato di omicidio volontario premeditato per le coltellate mortali a don Roberto Malgesini, Ridha Mahmoudi ha pronunciato queste parole in Corte d’Assise a Como giovedì pomeriggio, al termine della prima udienza del processo che lo vede come unico imputato. Tunisino, 53 anni, in Italia dal 1993, destinatario di una serie di provvedimenti di espulsione, l’ultimo firmato nel 2020 e non eseguito per la pandemia, Ridha Mahmoudi è convinto di essere vittima di un complotto di giudici, avvocati e forze dell’ordine per allontanarlo dall’Italia.
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A farne le spese don Roberto, il prete degli ultimi, il sacerdote che lo aveva sempre aiutato. «Sono gli avvocati che hanno creato questa tragedia – ha detto in aula il tunisino –. Non mi dispiace per il prete». Mahmoudi prima del processo si è rifiutato anche di parlare con il difensore d’ufficio, l’avvocato Davide Giudici. In apertura dell’udienza, Giudici ha chiesto una perizia psichiatrica per Mahmoudi. La corte si è riservata sulla richiesta. Durante le indagini, il perito incaricato dal pubblico ministero Massimo Astori aveva dichiarato il tunisino capace di intendere e volere al momento del delitto. Tra i primi testimoni sentiti in aula un giovane che la mattina del delitto era uscito con il cane e ha assistito all’omicidio. “Ho visto che don Roberto era sporco di sangue — ha detto —. Ha fatto qualche passo. Si teneva la pancia con le mani. L’omicida lo ha raggiunto, gli teneva il collo con la mano sinistra e con la destra lo ha colpito ripetutamente con un coltello».
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