
Ha approfittato con «freddezza» del permesso premio che gli è stato concesso, ha «ordito l’aggressione», mascherandosi da operatore del San Raffaele e sapendo che al piano -1 non c’erano telecamere e alla fine, se non fosse stato bloccato dalla polizia, non sarebbe tornato in carcere. È questo Antonio Cianci, l’ergastolano 60enne che sabato ha tentato di uccidere un anziano, come scrive il gip Ilaria De Magistris: ha «bisogno» di «cimentarsi» nei crimini e di mostrare, «ostentare» la sua «dominanza criminale».
Nell’ordinanza di convalida dell’arresto e di custodia cautelare in carcere, firmata dal gip Ilaria De Magistris su richiesta del pm Nicola Rossato, vengono descritti la rapina e il tentato omicidio che Cianci ha commesso ai danni di un 79enne quattro giorni fa, dopo che nel ‘79 uccise 3 carabinieri della stazione di Melzo e prima, nel ‘74, quando aveva 15 anni, un metronotte. Cianci in permesso premio, concesso per 12 ore (era il terzo di cui usufruiva), sabato ha rubato in ospedale una tuta da inserviente, guanti, mascherina e un apparecchio per misurare la pressione per passare inosservato in ospedale, ha chiesto soldi all’anziano che gli ha dato quello che aveva in tasca, «9 euro e 37 centesimi». L’ergastolano «adirato» per la cifra «esigua» a quel punto gli ha sferrato un fendente alla gola con un taglierino, una «lesione potenzialmente mortale» perché ha sfiorato la giugulare. Quando è stato bloccato poco lontano, mentre aspettava un bus, era «apparentemente tranquillo», si legge nell’ordinanza, e poco prima aveva buttato in un bidone guanti, mascherina e l’apparecchio per la pressione che gli erano serviti per mascherarsi, oltre al cellulare della vittima e al taglierino.
Per il gip Cianci con le sue azioni, ma anche con quelle frasi «provocatorie» dette nell’interrogatorio di martedì a San Vittore, dimostra il suo «perdurante bisogno, non governato seppur lucido, di cimentarsi in atti criminali complessi», un «bisogno che il Cianci mostra in tal modo di nutrire tuttora, malgrado» la sua «biografia penale». Vuole, prosegue il giudice, «affermare una propensione» alla «commissione di delitti» di «particolare efferatezza». Quella contro l’anziano è stata, infatti, scrive ancora il gip, «un’aggressione violenta, sanguinaria», con «evidente dolo omicidiario».
Come si legge nell’ordinanza cautelare, Cianci sapeva dell’assenza di telecamere in quel piano del San Raffaele e agì per il «gusto di saper delinquere». Infatti al gip martedì, durante l’interrogatorio, ha chiesto: «Vorrei piuttosto fare una domanda, cioè, ci sono le telecamere in quel posto? Lì è la prova, nelle telecamere, per il resto non posso dire niente». Una domanda «provocatrice e sfidante», che mostra la sua «pericolosità sociale».
Altre espressioni usate da Cianci, secondo il gip, mostrano la personalità di un uomo che si «autolegittima a delinquere ulteriormente», a colpire ancora. «Sono in carcere da 40 anni – ha detto davanti al giudice – ho solo l’ergastolo e poi una condanna a 5 anni e 2 mesi per associazione per delinquere». Un modo il suo, secondo il gip, per dare per assodato il suo «orizzonte» di «cattività», ossia di carcerazione che dura da quasi tutta la vita e durerà ancora. E questa sua «dominanza criminale» la dimostra anche ostentando davanti al giudice la «certezza» sul fatto che in quel piano dell’ospedale non ci fossero telecamere, lui che aveva già «scelto il luogo in cui agire» proprio per quel particolare. È così, spiega ancora il gip, che lancia la sua «sfida» agli «inquirenti», ma anche alla «vittima».
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