
A volte l’innesco è l’esasperazione per una lunga attesa. Altre volte sono stati di alterazione dalle origini più varie. Ogni caso di aggressione negli ospedali ha una sua storia. Ma il fatto è che, negli ultimi tre anni e mezzo, nelle strutture lombarde è successo (almeno) 4.878 volte, 828 delle quali a Milano. E si tratta di un conteggio per difetto, dal momento che la raccolta dei dati è ancora lacunosa.
Il censimento di pugni e cazzotti contro medici, infermieri e operatori socio-sanitari è partito nel settembre scorso, quando la consigliera regionale del Pd si è rivolta all’assessorato al Welfare per sapere «in quali e quante strutture del servizio sanitario regionale sono presenti postazioni fisse H24 delle forze dell’ordine» e, appunto, «una statistica degli episodi di aggressione su personale sanitario». Da lì è iniziata la raccolta (sia pure non del tutto omogenea) dei dati da ogni azienda sanitaria del territorio regionale che ha dato forma a un quadro che racconta l’esistenza di un problema. «Nell’80 per cento dei casi a essere colpiti sono gli infermieri — premette Carmela Rozza — e negli altri casi le vittime sono medici e operatori». Dai dati forniti dalle Asst lombarde emerge chiaramente anche quali siano gli ambiti in cui sono concentrate le aggressioni: i posti di pronto soccorso (1.447 casi dal 2016 al primo semestre 2019) e i reparti di psichiatria (964 episodi). «I dati sono in crescita — spiega la consigliera del Pd, che a sua volta ha un passato da infermiera a Milano — perché nel tempo è aumentata l’attenzione e le strutture sanitarie hanno iniziato a raccogliere i dati. Ma anche in questo monitoraggio abbiamo notato difformità, alcuni ospedali, come il Policlinico, sono stati molto scrupolosi e precisi, altri, come Niguarda, più sbrigativi. Quindi dove risultano più casi, per esempio a Como, non significa necessariamente che vi sia la situazione peggiore ma semplicemente il conteggio è stato più accurato».
La proposta di legge prende le mosse da questo scenari, dalle raccomandazioni e da altre sollecitazioni arrivati dal ministero della Salute a partire dal 2007 e punta a individuare e fornire misure e strumenti omogenei a protezione dei lavoratori. «Dagli interventi strutturali, perché a volte basta una porta in più, alla formazione — spiega la prima firmataria del testo sottoscritto dall’intero gruppo Pd, compresa la consigliera Patrizia Baffi, passata a Italia Viva —. Ma serve un testo normativo, perché non c’è un atteggiamento univoco su questo tema, come dimostra la risposta difforme alla richiesta di dati». L’idea è quella di creare anche un gruppo di lavoro — partecipato da lavoratori, sindacati, assessorati al Welfare e alla Sicurezza ma anche da esperti in criminologia e scienze forensi e da tecnici infrastrutturali — per la prevenzione del rischio con il compito di analizzare le segnalazioni, individuare le azioni preventive per mettere in sicurezza il personale e monitorare l’andamento del fenomeno. «L’auspicio è di non fermarsi all’ambito della sanità — aggiunge Carmela Rozza — ma, con il contributo di tutti i gruppi consiliari, di occuparci di altri settori della pubblica amministrazione esposti a questo tipo di rischio, dagli sportelli Inps a quelli dell’anagrafe, dai servizi sociali agli uffici per le assegnazioni delle case popolari».
In effetti la proposta di legge si aggiunge a quella presentata nel marzo scorso dai due consiglieri di Fratelli d’Italia, Franco Lucente e Barbara Mazzali, che sollevava la questione della tutela legale e del sostengo economico degli operatori sanitari vittime di aggressioni sul lavoro. E lo stesso assessore regionale alla Sicurezza, Riccardo De Corato, ricorda di aver avviato circa un anno fa, con il precedente questore, una riflessione tecnico-giuridica e che «nei prossimi giorni è previsto un incontro con l’attuale capo della polizia milanese per definire un pacchetto di misure innovative». De Corato sottolinea che «qualsiasi proposta che va nella direzione di maggiori controlli e tutele è positiva», ma tiene anche a sottolineare la delicatezza della materia: «Negli ospedali entrano e si muovono legittimamente tante persone, quindi prima di prendere qualsiasi provvedimento bisogna valutare con delicatezza molti aspetti».
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