
«Sono uscita dalla classe quando ho sentito le urla e il trambusto. Mi sono avvicinata al ballatoio e alle scale, il punto da cui sentivo i movimenti. E lì, proprio attaccata alla ringhiera di protezione, ho visto una sedia. Una sedia con le rotelle, di quelle da ufficio, la sedia che di solito si trova nella postazione della bidella al piano». È la testimonianza decisiva, quella che spiega come sia stato possibile che un bambino di 5 anni e 10 mesi, alunno di prima elementare, alto circa un metro e 15, sia riuscito a scavalcare una ringhiera di protezione alta un metro e 4 centimetri. Il bambino è caduto dal secondo piano della scuola «Pirelli» di via Goffredo da Bussero, zona Fulvio Testi, alle 9.44 di venerdì. Una caduta di 13 metri lungo la tromba delle scale. Il bambino è in coma al Niguarda, in condizioni più che disperate. La testimonianza decisiva dell’insegnante che ha parlato della sedia è stata raccolta a verbale sabato mattina dai carabinieri della stazione «Greco» e della compagnia «Monforte». Contiene l’elemento che in 24 ore chiude di fatto l’inchiesta del pm Francesco Ciardi. Perché dopo la caduta del bambino, all’arrivo dei carabinieri, quella sedia non era più vicino alla ringhiera. Il bambino, dopo essere andato in bagno, l’ha presa per arrampicarsi, poi ha perso l’equilibrio ed è caduto.
Bambino cade dalle scale a scuola, la sequenza
Qualcuno, dopo il fatto, e «di certo in buona fede» (secondo il parere degli investigatori), ha spostato quella sedia: ieri è stata trovata nel gabbiotto dei bidelli e messa sotto sequestro. È l’elemento esplicativo finale che chiude la catena di variabili che ha portato alla tragedia: una sequenza nella quale, paradossalmente, tutti (insegnanti e bidelli) hanno fatto il proprio dovere, anche con scrupolo. Ma nel territorio dell’incalcolabile si è determinata la condizione per cui il bambino facesse quel gesto (per gioco, per curiosità, forse nessuno lo saprà mai) nei venti o trenta secondi durante i quali è rimasto fuori dal controllo degli adulti. Che ora saranno indagati e dovranno affrontare un processo per l’omessa vigilanza. Il Corriere può ricostruire con nuovi dettagli ogni passaggio di questa sciagura.
Milano, bambino cade dalle scale della scuola elementare Pirelli
Le insegnanti
L’inchiesta della procura parte dalla circolare interna della scuola che, in particolare al punto 4, definisce le procedure della vigilanza sui bambini quando escono per andare in bagno fuori dagli orari di ricreazione. In classe, al secondo piano, alle 9.40 di venerdì sono presenti l’insegnante di inglese e quella di sostegno. Il bambino chiede di andare a far pipì per due volte. La prima volta la maestra gli nega il permesso, perché sa che è troppo presto ed è meglio attendere pochi minuti per l’intervallo. Ma di fronte all’insistenza del piccolo, alla sua reale necessità, lo fa uscire. Lo fa sapendo che fuori c’è la bidella che prenderà in custodia l’alunno. La bidella è lì in corridoio e farà il suo dovere. Ma non basta: questo passaggio, visto quello che è accaduto, pur con tutte le possibili attenuanti, peserà comunque sulla responsabilità penale dell’insegnante.
La bidella
È una donna scrupolosa, stimatissima, attaccata alla scuola. E così si comporta anche venerdì mattina. Accade questo: nelle prime ore della mattina, alla «Pirelli» ci sono due bidelli. Uno resta alla porta, l’altra sbriga le prime incombenze della giornata, come la compilazione di moduli per la mensa, e poi intorno alle 9.15 si sposta ai piani. In quel momento ha la responsabilità su primo e secondo piano, e lei correttamente va in quello più alto, dove i potenziali pericoli sono maggiori, anche perché in alto ci sono le prime elementari (il terzo bidello arriverà intorno alle 10, così al momento della ricreazione ci sarà un collaboratore scolastico per piano e tutta la scuola sarà «coperta»). Nelle prime ore del mattino, gli alunni che escono per andare in bagno sono pochissimi, quasi nessuno, e tenere solo un bidello al secondo piano sembra una alla preside una soluzione più che adeguata alle necessità. Ed è sempre, di fatto, andata bene così. La prassi è consolidata da anni e ha sempre assicurato la massima vigilanza. Venerdì mattina si verifica però una coincidenza quasi «diabolica».
I tre bambini
Intorno alle 9.40 escono contemporaneamente, da tre classi diverse, tutte prime, tre bambini. Tutti devono andare in bagno. La bidella, fatto unico perché a quell’ora esce un bambino ogni tanto, si trova dunque a prenderne in carico tre. In questo momento la catena della «vigilanza perpetua» sui piccoli è ancora assicurata. La donna porta tutti e tre in bagno. Al primo che finisce, dovendo controllare gli altri due, dice: «Ok, tu puoi tornare in classe, vai subito e non fermarti».
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Il piccolo però esce dal bagno, trova la sedia della bidella e pensa di usarla per guardare giù, oltre la ringhiera. È il momento della caduta: avviene in un tempo brevissimo, il piccolo è rimasto senza controllo non più di 20/30 secondi. In questo intervallo ci sarà la seconda chiave della responsabilità penale. Restano da considerare gli ultimi due fattori: tra i bagno e il punto della caduta, non c’è una linea retta che permetta visibilità, altrimenti la bidella avrebbe potuto dare un occhio alla situazione mentre curava gli altri due bambini (lo farà, per scrupolo, proprio nel momento in cui il piccolo è oltre la ringhiera e cade giù). La sedia ha le rotelle e non fa rumore: altrimenti, nel silenzio, la bidella avrebbe potuto sentire il rumore del trascinamento e uscire a controllare.
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