
È un pezzo inconfondibile dello skyline di Milano. Parliamo della Torre Velasca, a due passi dal Duomo. Bene, le chiavi dell’edificio passeranno di mano. Da Unipol, l’attuale proprietario, agli americani di Hines. Si tratta di un’operazione da circa 220 milioni di euro, di cui 150-160 per l’acquisizione dell’immobile e il resto per i lavori di ristrutturazione. Compresa una riqualificazione della piazza circostante.
D’altra parte la Torre Velasca, progettata nella prima metà degli anni Cinquanta e terminata nel 1957, ha compiuto 62 anni. Ogni intervento dovrà avere il via libera dalla Soprintendenza alle Belle Arti visto che dal 2011 l’edificio è sottoposto a vincolo. «Che la torre passi di mano e venga acquisita da una società straniera non mi dispiace certo, non ci vedo nulla di strano. L’importante è che venga rispettata come bene storico e artistico», valuta con pragmatismo Alberico Belgiojoso, erede dello studio BBPR che progettò la torre negli anni 50. Ciascuna lettera è l’iniziale di un socio: Lodovico Belgiojoso, Enrico Peressutti ed Ernesto Rogers. E poi Gianluigi Banfi. «Quest’ultimo durante la Seconda Guerra mondiale finì internato a Mauthausen assieme a mio padre. Lui però fu meno fortunato e non tornò», ricorda Alberico Belgiojoso.
Tornando a oggi, Unipol, tramite l’advisor JLL aveva ricevuto le offerte vincolanti di sei invitati alla gara (tra gli altri Blackstone, Merope e un fondo coreano). Alla fine è stata scelta Hines. L’Italia è solo uno dei 100 Paesi in cui è presente la società americana. Da quando è arrivata, tre anni fa, Hines ha mobilitato 2 miliardi di euro, esclusivamente su Milano. A breve un altro miliardo sarà investito su Milano-Sesto San Giovanni e su San Siro. Il gruppo ha contributo tra i vari progetti alla riqualificazione della centralissima piazza Cordusio, scelta da insegne come Starbucks e Uniqlo.
L’operazione «Velasca» — che ha avuto Mediobanca come advisor finanziario — è stata chiusa con capitale di Hines e ha visto il supporto di Prelios: la società presieduta da Fabrizio Palenzona gestirà l’immobile tramite uno dei suoi fondi. A guidare Hines in Italia è invece Mario Abbadessa, un giovane manager (35 anni) già senior del settore, convinto che la sfida per le metropoli sia creare aree abitative con alti standard di sostenibilità e in grado di rispondere con servizi mirati ai bisogni di coppie, studenti e anziani. Nello stesso anno in cui la Torre Velasca veniva inaugurata — il ‘57 — Gerald Douglas Hines fondò da solo la Hines Interests. L’anno successivo assunse il suo primo dipendente e ingrandì l’ufficio. Qualcosa dunque lega le due imprese. Gerald Hines oggi siede nel comitato esecutivo della società assieme al figlio Jeffrey.
Come ricorda Alberico Belgiojoso, la torre venne progettata in un’area distrutta dalla guerra con l’obiettivo di rappresentare un’architettura moderna, nel cosiddetto «international style» ma nello stesso tempo mantenendo un riferimento alla storia del contesto. La forma che si allarga verso l’alto da una parte serviva a richiamare le antiche torri medioevali e dall’altra a sfruttare lo spazio là dove era disponibile: in altezza. Per rispettare il contesto venne però messo un limite: la Madonnina che svetta sopra il Duomo. Infatti la Torre Velasca è esattamente un metro più bassa. Nella parte più stretta vennero ricavati uffici. Qui negli ultimi anni Unipol non ha rimpiazzato diversi affittuari in uscita. Per un certo periodo si è parlato della possibilità di trasformare questa area della torre in un albergo. La parte più alta e più larga, invece, è da sempre riservata ad abitazioni private. «Dagli anni 50 alcuni bisogni funzionali sono cambiati, ma credo che ancora oggi la Torre Velasca continui a rispondere alle esigenze della nostra città», dice Belgiojoso. Anche il signor Hines ne è convinto.
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