Jovanotti, le 12 ore che hanno cambiato l’aeroporto di Milano

Linate, ore 21

Avevano preso il sole. A torso nudo, in costume. Reduci da cinque ore di rodaggio musicale in cui sul palco erano saliti in tanti. Ma reduci anche da un pellegrinaggio pacifico dopo aver mollato la macchina a chilometri di distanza o essere scesi dal mezzo pubblico di superficie. Sulle note di «Il più grande spettacolo dopo il Big Bang», il profeta Jovanotti è appena (ri)salito sul palco. Questa immagine che verrà tramandata ai posteri, racconta di una marea di gente spalmata sui pratoni dell’aeroporto di Linate. Una tribù che balla. Centomila persone secondo gli organizzatori, 75 mila secondo la questura. Comunque tantissimi. I più entusiasti giurano di essersi sentiti come a Coachella. È stata anche la prima grande notte mondana dell’aeroporto milanese. Che piaccia o no, Jovanotti è uno di quegli artisti che può dire di avere un suo popolo. E che sia comodo o meno, un grande show in un spazio pubblico riconvertito è una bella sfida da giocarsi ogni tanto. Chi c’era se ne ricorderà (e lo racconterà).

Linate, ore 9 (del mattino dopo)

In giro non c’è praticamente nessuno. L’Amsa è passata già nella notte a ripulire il grosso delle aree esterne. Su viale Forlanini le macchine sfrecciano regolarmente riprendendosi la carreggiata che le è sempre spettata. La festa è finita e gli amici se ne sono andati. Tutto sommato in ordine, visti i numeri. Lo stesso cielo sopra Linate oggi è grigio, pioviggina: il clima è tipico di quelle giornate di fine estate. Jovanotti si è svegliato postando il suo primo ricordo della serata passata: «Mi sono reso conto che nelle foto di ieri ho sempre il sorriso stampato in faccia». Per terra resta qualche traccia: i bagni chimici e le casse all’ingresso Forlanini sono ancora lì, in attesa che qualcuno li porti via. Qualche bottiglia per terra. I cancelli dell’aeroporto che tornano chiusi e videosorvegliati. La quiete dopo la tempesta di Jovanotti.

22 settembre 2019 | 16:15

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